Studio Legale Donini Pettinato

Il curatore speciale: aspetti normativi e giurisprudenziali tra luci ed ombre

L’idea di questo contributo, senza alcuna pretesa scientifica, trae spunto da esperienze professionali condivise, nell’ambito della difesa giudiziale degli interessi dei minori, per stimolare una riflessione ed aprire uno spiraglio di confronto tra le diverse professionalità che operano, a vario titolo, a favore della loro tutela.

L’intento è, inoltre, quello di prestare conforto a tutti coloro che decidono di dedicare una parte della loro professione nel dar voce a tutti quei bambini, adolescenti, privi del sostegno di un ambiente familiare idoneo, o strumenti inconsapevoli di dinamiche familiari complesse, dominate da tensioni emotive incontrollate.

Il nostro ordinamento giuridico prevede, in modo più o meno frastagliato, una figura professionale preposta a rappresentare un non meglio precisato interesse del minore che lo vedono coinvolto nelle procedure giudiziarie civili. Nel panorama normativo si prevede, talora, la partecipazione del curatore speciale del minore nel processo, ma null’altro viene specificato su ruolo, competenze, funzioni.

La nomina di curatore speciale giunge dal Tribunale, spesso, sulla base di criteri ancora imprecisi, in quanto non sussistono dei requisiti di legge per l’assunzione di tali incarichi. All’atto dell’assunzione dell’incarico sorgono molti dubbi e gli approfondimenti legislativi e giurisprudenziali non sono di gran supporto.

Sussistono infatti diversi riferimenti normativi, nella Costituzione, nel codice civile, nel codice di procedura civile, nella legge sull’adozione, nelle convenzioni internazionali di New York del 1989 e di Strasburgo del 1996. Non sussiste, tuttavia una disciplina organica uniforme e chiara in relazione alle funzioni concrete ed al ruolo di questa figura.

Le norme di riferimento possono essere così sintetizzate per ambito di competenza:

Nelle convenzioni internazionali, segnatamente quella di New York (1989) e quella di Strasburgo (1996), è sancito il principio per cui il minore deve considerarsi un soggetto di diritto autonomo anche alla luce di quanto stabilito dall’art.111 della Costituzione, che disciplina il principio del c.d. giusto processo. Il principale riferimento si trova nella Convenzione di Strasburgo (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77):

gli artt. 4 e 9 sanciscono il diritto del minore di avere un suo rappresentante all’interno del processo che lo riguarda, qualora vi sia conflitto di interessi con i genitori.

l’articolo 10, comma 1, specifica le funzioni del rappresentante:

“Nei procedimenti dinanzi ad un’autorità giudiziaria riguardanti un minore, il rappresentante deve,

a meno che non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore:

  1. a) fornire al minore ogni informazione pertinente, se il diritto interno ritenga che abbia una capacità

di discernimento sufficiente;

  1. b) fornire al minore, se il diritto interno ritenga che abbia una capaciti di discernimento sufficiente, spiegazioni relative alle eventuali conseguenze che l’opinione del minore comporterebbe nella pratica, e alle eventuali conseguenze di qualunque azione del rappresentante;
  2. c) rendersi edotto dell’opinione del minore e portarla a conoscenza dell’autorità giudiziaria.
  3. Le Parti esaminano la possibilità di estendere le disposizioni del paragrafo 1 ai detentori delle responsabilità genitoriali”.

Nella Relazione di accompagnamento alla Convenzione di Strasburgo del 1996, a proposito dei compiti di cui all’art. 10, si specifica che questa previsione impone al rappresentante di un minore di agire in modo “appropriato”, soprattutto fornendogli le informazioni e le spiegazioni, mettendolo in grado di esercitare i suoi diritti, determinando la sua opinione e portandola a conoscenza dell’autorità giudiziaria.

Il rappresentante può essere un avvocato nominato per agire davanti a un’autorità giudiziaria, in nome e per conto del minore.

 

Nell’ambito dell’ordinamento interno si possono individuare i seguenti riferimenti normativi:

Tale sentenza rileva come sia errato ritenere che il minore non sia parte del processo in quanto la sua partecipazione al giudizio avviene mediante il suo rappresentante legale e, in caso di conflitto di interesse, a mezzo del curatore speciale (cfr. Cass. civ., sezione I, n. 3804 del 17 febbraio 2010).

E’ ravvisabile un conflitto d’interessi tra chi e’ incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale (nella specie, figlio minore e genitore), ogni volta che l’incompatibilità delle rispettive posizioni è anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività; ne consegue che la relativa verifica va compiuta in astratto ed ex-ante secondo l’oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio, anzichè in concreto ed a posteriori alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa. Pertanto, in caso di omessa nomina di un curatore speciale, il giudizio è nullo per vizio di costituzione del rapporto processuale e per violazione del principio del contraddittorio (cfr. Cass. civ., sezione II°, n. 13507 del 16 settembre 2002).

 

Corte di Cassazione n. 11782/2016

 

Tale sentenza ha sancito la necessità di un legale del minore nella procedura di adottabilità, che ne assuma la difesa tecnica, con conseguente nullità del procedimento, in caso di mancata nomina per violazione del principio del contraddittorio, che va rispettato anche nei confronti del minore.

 

Le questioni analizzate dalla Suprema Corte sono relative alla rappresentanza del minore in giudizio come parte processuale, oltre che sostanziale, ma ancora una volta non vengono specificate ruolo e funzioni.

Dall’analisi dell’impianto normativo, emerge una disomogeneità del ruolo, scarsa chiarezza delle funzioni, un’assoluta indifferenza rispetto alle competenze richieste. Anche gli approfondimenti giurisprudenziali non aiutano, essendo l’orientamento della Suprema Corte ancora in fase di consolidamento. Infine non sembrano sussistere neppure albori di progetti legislativi futuri.

 

Ciò che appare comunque evidente è che l’ordinamento giuridico nazionale e internazionale ritiene ormai pacifico il principio della tutela dell’interesse del minore nelle procedure giudiziali che lo vedono, suo malgrado, protagonista. Tale principio, sancito anche nelle linee guida del Consiglio d’Europa nel 2010 (“Per una separazione dei genitori a misura dei minori”) è oggi una pietra miliare. Può dunque rappresentare il punto di partenza per lo svolgimento dell’incarico professionale assunto, unitamente alla formazione tecnica ed all’esperienza professionale, se acquisita. L’amara constatazione è che la tutela di questo interesse è, oggi, attuata solo attraverso le prassi giudiziarie ed eventuali protocolli, applicati nei vari Tribunali e grazie alle competenze tecniche specifiche dei diversi operatori (magistrati, servizi sociali ed avvocati) che, ciascuno con la propria professionalità, si adoperano per renderlo effettivo. Ciò comporta tuttavia che la modalità di intervento del curatore speciale nei processi che coinvolgono i minori siano differenti nei diversi Tribunali italiani, a seconda delle diverse prassi ivi condivise, con il rischio di rendere scarsamente efficaci alcuni incarichi. Urge un intervento legislativo che disciplini questa figura professionale in modo organico ed uniforme. Anche attraverso l’espressa specificazione del suo ruolo e delle sue funzioni dentro il processo e nei rapporti con gli altri operatori, può attuarsi la tutela dell’interesse del minore, definendo in modo efficace i suoi diritti nel giudizio.

 

Avv. Simona Pettinato                                                                                 Avv. Rossana Greco

pubblicato il 04.07.2018 su Diritto.it – Quotidiano di informazione giuridica – all’indirizzo

 

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